
A questo punto è lecito chiedersi quanto vale guide.supereva.com? Siamo, a quanto pare, anche noi circa 500 guide, come quelle di about.com, tutte guide scelte su opzione personale volontaria, opportunamente addestrate e seguite attraverso l’assistenza di liste e di tutors. Le motivazioni non mancano e vanno dalla pura e semplice passione, all’hobby più gelosamente praticato, insieme a velleità pseudo-professionali. L’idea è quella di movimentare un mercato che non c’è, a ben vedere, ma che si crea e si alimenta da sè col grande flusso di notizie che giornalmente viene immesso nei vari canali da parte delle guide.
Un sistema di segnalazione a “pallini” neri, e un altro a punteggio premio per determinati acquisti, indicano le guide che hanno una maggiore visibilità, ma nulla viene detto circa altri parametri di valutazione, quali la qualità, l’affidabilità, i riferimenti, l’estetica e quant’altro concorre a rendere visibile il contenuto di una guida. Si può inserire di tutto e il contrario di tutto, in massima libertà, senza alcuna forma di controllo. Questo, ovviamente, è una grande dimostrazione di libertà, ma lascia anche spazio ad altre considerazioni facilmente intuibili.
Nell’intervista che il “chief executive officer” di about.com, Peter Horan, ha rilasciato a ThinkPress qui appresso linkato, tra le tante cose discusse, viene chiaramente detto che la cifra pagata dal Times è giusta se si considera che il sito ha avuto, nel mese di gennaio scorso, oltre 21 milioni di accessi unici. La qualità dei contenuti è costantemente monitorata e che le guide, non è vero che lavorano per “peanuts”, noccioline. Horan afferma che la guida media può guadagnare anche 1500/1600 dollari al mese. Una top guida può arrivare anche a 15.000. A suo dire, la cosiddetta “political humour guide”, tra i mesi di ottobre/novembre del 2004, ha raggranellato fino ai 20.000, dollari tenendo presente che si era in periodo elettorale.
Un’altra cosa interessante che emerge dall’intervista è la risposta che Horan dà alla domanda perché è convenuto al NYT pagare una somma del genere, invece che fare loro stessi un sito del genere. Egli sostiene che per raccogliere i dati accumulati nel corso degli otto anni di vita di about.com, in termini di milioni di articoli che portano a 40 milioni di accessi unici al mese, dando risposte precise ai motori di ricerca, non è cosa facile a crearsi. Nei passati 18 mesi tutti i cookies inviati ai visitatori hanno concorso a creare pagine dinamiche pronte all’uso sia dal punto di vista dei contenuti che della pubblicità.
Facile fare commenti. Io li lascio ai lettori e ai/alle colleghi/e guide e un saluto ai nostri capi.