
di Davide Di Giorgio
La prima cosa che ti colpisce di Go Nagai è il sorriso: timido e gentile, incornicia il suo volto donandogli un’aria pacata e molto distante dalla foga dei personaggi inventati per tanti fumetti. Ma è anche un sorriso che denota, dopo 40 anni di carriera, la voglia di continuare a lavorare e sperimentare soluzioni per le tante epopee (horror, robotiche, comiche ed erotiche) che hanno composto la sua lunga produzione. Gentilezza ed entusiasmo, pacatezza e passione: sentimenti apparentemente contrastanti, che nella mente e nell’opera di questo acclamato autore si uniscono però, sorreggendosi a vicenda. D’altronde, che si tratti di un magaka il cui punto di forza è proprio la capacità di unire gli opposti è indubbio: basterebbe pensare all’ironia che serpeggia anche nelle sue opere più cupe e apocalittiche, dove il grottesco riesce al contempo a stemperare e ad esaltare la forza virulenta dei disegni e dove il dinamismo non risparmia a tratti momenti più delicati e lirici.
Già ospite a Lucca nel 1992, in un incontro riservato a pochi fortunati e passato quasi in sordina, il creatore di eroi come Devilman, Mazinga, Goldrake, Getter, Jeeg e Mao Dante, è tornato stavolta in Italia da trionfatore, accolto con affetto e interesse dal pubblico del Napoli Comicon, fiera del fumetto e dell’animazione giunta al suo nono anno di attività.
Di fronte all’autore si è quindi presentato un pubblico composito, formato dai tanti appassionati cresciuti con le sue opere, ma anche da quei media che in passato avevano contribuito a demonizzarlo. Dopo anni di polemiche legate alla violenza dei cartoni animati che alla fine degli anni Settanta cambiarono la tv italiana, è stato forse questo l’aspetto più bello e interessante della trasferta napoletana: la legittimazione che oggi permette ai fans di professarsi “nagaiani” senza temere il giudizio altrui, che dimostra come ancora una volta passione e arte non siano concetti astratti, antitetici ed elitari, ma un’unica forza in grado di unire e aggregare il pubblico più diversificato, composto da trentenni con l’eterna sindrome di Peter Pan, ma anche da adulti, operatori del settore e giovanissimi. L’incontro pubblico che ha visto Nagai sullo stesso palco con il grandissimo collega francese Jean Giraud (Moebius) è stato probabilmente il momento più alto e ha rappresentato una conclusione che più di ogni altra ci è parsa “giusta”: due autori diversi per estrazione e formazione, spesso considerati agli antipodi, hanno manifestato stima reciproca, suggellando una volta di più come la cultura – quella vera - non conosca gli steccati innalzati dal pregiudizio.
Durante la tre giorni napoletana (parte di un tour italiano che ha anche toccato Roma e Venezia), Go Nagai si è concesso agli spettatori attraverso un calendario fitto di impegni: sessioni di autografi, presentazione degli episodi di Ufo Robot Goldrake e Shin Kotetsu Jeeg, incontri pubblici, presidenza della gara di cosplay, ma anche improvvise comparsate nei corridoi del Castel S.Elmo, in antitesi alla sua fama di “inavvicinabile”: una nuova unione di opposti, in fondo, per quello che ci auguriamo sia l’inizio di un ciclo virtuoso nel lungo rapporto tra l’autore e il nostro paese.