Un uomo può amare, solo se è stato amato. Per accettarci, abbiamo prima bisogno di sentirci riconosciuti da un padre e da una madre, di avere avuto un posto nella storia di una famiglia.
La famiglia è il luogo in cui siamo generati nella totalità di persona. E’ la dimensione in cui ciascuno riceve un volto, un valore.
Per i genitori, per i nonni, per tutta la famiglia, ogni figlio è unico, speciale, anche se provato dalla sorte, nel fisico o nella mente.
Nessun gruppo umano possiede una tale capacità generativa, nessuno ha il potere di umanizzare e personalizzare come la famiglia.
Chi ha sperimentato, nella sua infanzia, relazioni positive, sarà portato, a sua volta, ad atteggiamenti di accoglienza verso gli altri e di fiducia nella vita. Sarà più propenso a superare le difficoltà, ad aggregare gli ambienti in cui opera.
Compito primario della famiglia è dunque quello di garantire alle nuove generazioni un basilare apprendistato di affetto e di speranza. Solo così, chi viene generato, può essere, a sua volta, generativo, cioè affettivamente creativo. Dentro l’esperienza familiare ciascuno interiorizza non solo la figura del padre e della madre, ma la loro relazione e tutti i legami dell’identità familiare.
Ma oggi i genitori, se da un lato, rispetto al passato, sono diventati più sensibili e attenti alle esigenze dei figli, dall’altro, li percepiscono in modo narcisistico, come la realizzazione del desiderio di paternità e maternità, anziché come soggetti autonomi.
Alla base del rapporto genitori-figli c’è, attualmente, un atteggiamento seduttivo causato dal timore di perdere l’affetto dei figli.
Osserva il pedagogista francese Daniel Marcelli che il genitore odierno non è teso a educare, nel senso di tirar fuori le potenzialità del figlio (ex-ducere), ma ad attirare il figlio a sé (se-ducere), a compiacerlo, a sostenere ogni suo bisogno. Egli non si accorge che l’educazione esige il rispetto della distanza, in quanto un rapporto di tipo identificatorio mira alla duplicazione di se stessi nell’altro, a realizzare nell’educando ciò che non si è riusciti ad essere.
Alla figura del genitore educatore, subentra, così, quella del genitore amico che abdica alle proprie responsabilità formative.
Anche nelle cosiddette famiglie normali, ad essere indissolubile non è più il legame coniugale ma quello filiale.
La famiglia, in questo caso, non poggia più sull’alleanza fra adulti ma su quella fra genitori e figli e, spesso, sul legame tra un singolo genitore ed il figlio. Con tutto ciò che ne consegue in termini di esclusioni e ricatti.
Questi genitori dimenticano che all’interno della famiglia c’è sia una relazione orizzontale (quella tra i coniugi), sia una relazione verticale (quella tra genitori e figli), e che, quest’ultima è, per sua natura, gerarchica, asimmetrica, anche se il suo effetto conclusivo è bilaterale, circolare: chi educa, infatti, rimane, a sua volta, educato. Sottrarsi al compito di educare equivale, per un genitore, a perdere un’occasione irripetibile di crescita per se stesso.
I figli non vogliono due amori paralleli. Hanno bisogno, invece, di un amore triangolare, in cui i genitori sono innanzitutto uniti tra loro ed insieme si rivolgono al figlio. “La figura materna e la figura paterna sono complementari: l’una incarna la calda accoglienza, la comprensione, la sicurezza affettiva e il benessere; l’altra incarna l’autorità che fa crescere verso l’indipendenza, l’iniziativa, l’autonomia, la responsabilità etica, l’altruismo” (Ennio Antonelli).
Nella nostra epoca, purtroppo, gl’impegni di lavoro e soprattutto le separazioni e i divorzi dividono i genitori fra loro e li allontanano dai figli. E mentre i matrimoni calano sensibilmente ogni anno, i divorzi crescono. L’85% dei figli dei divorziati sono affidati alla madre e molti di essi (intorno al 25%) dopo circa due anni, perdono il contatto col padre.
Giustamente Benedetto XVI ha denunciato l’esigenza di un’ecologia umana da affiancare a quella ambientale: “Occorre difendere non solo la terra, l’acqua e l’aria come doni della creazione appartenenti a tutti, ma proteggere soprattutto l’uomo contro la distruzione di se stesso”.
Grafologia e Test
Pubblicato
in: Pedagogia - Test e Problemi.
La famiglia, scuola di umanità
Gli studi mettono in evidenza che un terzo dei figli dei divorziati presenta problemi psicologici in misura doppia rispetto ai figli dei genitori uniti. E che l’assenza del padre nell’età evolutiva espone i ragazzi a rischi quali narcisismo, depressione, ansia, scarsa autostima, passività e mancanza di progettualità, senso d’impotenza, aggressività, violenza, dipendenza da TV e Internet, dai consumi, da alcol e droga.Le categorie della guida
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