
Senza superflui commenti (la poesia non ha bisogno che di se stessa) vorrei proporvi l’ode di Lorenzo Stecchetti, drammatica nella propria originalità nonostante i fitti riferimenti classici, vergata in occasione della battaglia di Adua.
Mutatis mutandis, i nostri soldati, che a Nassirya attentano alle proprie vite senza nemmeno un sogno imperialista a cui attaccarsi nei momenti di sconforto, suscitano gli stessi sentimenti di impotenza e sconforto.
Con lo spettro della disoccupazione, con l’orrore della povertà che serpeggia e minaccia anche il ceto medio, con l’esca di una paga che in Italia è negata, i nostri uomini sono mandati a morire a Baghdad, inviati come liberatori, accolti come oppressori dalla popolazione irachena che non chiedeva democrazia, ma voleva pace.
I morti di allora, evocati adesso, riescano a trattenere nuove inutili stragi
Madri, lo ricordate il dì sereno/ I cui d’amore il pegno/ la prima volta nel fecondo seno/ vi diè di vita un segno?
Con che orgoglio gentil del grembo incinto/ allor vi compiaceste/ Come la culla con materno istinto/morbida gli faceste.
E poi che al suo vagir tacque il dolor/e del fianco insanguinato/ con che speranze, o madri,/ e con che cuore benediceste il nato
E nutrito di voi lo riscaldaste/ stringendolo sul petto/ e se morte il ghermia, glielo strappaste/col prepotente affetto!
Lo cresceste così, bianco fanciullo/ sovra i fidi ginocchi/ vegliando il primo passo e il suo trastullo/ con l’anima negli occhi
E speraste veder l’ore supreme/in braccio a lui più liete../Quanto amor, quanti baci, quanta speme/o madri che piangete!
Ed ora? I vostri figli a mille a mille/ cadder lungi da voi/ perché un ladro impazzito e un imbecille/ si son creduti eroi.
E ritentano ancor, gli scellerati/, con le astute parole/ma i cadaveri nudi e mutilati/ si putrefanno al sole
Ma già dai loro immondi antri le iene/ calando irsute e scarne/leccano il sangue delle vostre vene/straccian le vostre carni.
E il delitto cadrà nel grave oblio/in che omai tutto langue?/No, levatevi voi, donne, per Dio/ raccogliete quel sangue,
gettatelo ululanti e scapigliate/ dei colpevoli in faccia;/quando il giorno verrà non dubitate, /ne troverem la traccia;
E dite agli altri o neghittosi o incerti/ “pietà di noi vi prenda:/ la nostra patria è qui non nei deserti/ dell’Abbisinia orrenda
Pietà chiediam, pietà, madri dolenti/ figlie, sorelle, spose/ pietà per gli insepolti e pei morenti sulle ambe sanguinose
Non tolga vite ai campi, alle officine/la conquista rapace:/la nostra patria è qui. Datele alfine/ la giustizia e la pace”
Dite così: ma se domani ancora/tripudieranno i ladri/ e moriranno gli innocenti, allora/ o dolorose madri
Non porgete più latte al mite Abele/ che s’acconcia al destino/ma raccogliete nelle poppe il fiele/ per allevar Caino.