In Francia, centro di propagazione del nuovo stile di fine Ottocento che va sotto il nome di “Art Nouveau”, René Jules Lalique (1860-1945) fu la personalità di maggior rilievo nell’ambito dell’oreficeria, svolgendo anche per molti altri orafi del periodo, spesso, un ruolo di paragone e insegnamento.
I gioielli di Lalique furono innovativi rispetto al passato perché, prima di tutto, evitarono il modello del monile carico di diamanti fino all’ultimo spazio disponibile, distinguendoli invece per l’alto valore scultoreo, per la scelta dei materiali (fossero preziosi e semi-preziosi) assecondata ai fini artistici piuttosto che al loro stesso valore, e per l’alto livello tecnico della lavorazione. Insoliti i suoi soggetti, quasi sempre figurativi: corpi e volti femminili, insetti, fiori, ma anche mostruosi ed ancestrali.
Fra i metodi decorativi, quelli a smalto furono fra più utilizzati: il plique-a-jour (smalti preparati in celle su una base metallica), il pâte-sur-pâte (apposizione di più strati di materiale) e champlevé (smalti disposti a rimpire incavi).
Deviando, nell’ultima fase di carriera verso l’Art Déco, i gioielli di Lalique si caratterizzarono spesso per il disegno simmetrico, quasi geometrico, o per l’integrazione ad essi anche di componenti in vetro.
Lucien Gaillard (1861-1933) ed Eugene Feuillâtre (1870-1916) provennero entrambi dai laboratori di Lalique.
Il primo iniziò la proprio carriera come argentiere ma si specializzò, grazie alla spinta di Lalique, nel gioiello. I suoi oggetti tipici furono pettini e fermagli ottenuti da materilai naturali quali osso, avorio, tartaruga, spesso uniti a montaure con pietre preziose e diamanti, ma esistono anche magnifici esemplari di spille e pettorine in metallo. La fama di Gaillard fu in parte oscurata da quella maestosa del maestro, ma recentemente egli è oggetto di riconsiderazione.
Feuillâtre (conosciuto, oggi, anche per la sua produzione di vasi) riprese da Lalique, invece, particolarmente la decorazione a smalto, perfezionandola anche su platino. L’uso dello smalto (che consiste in un impasto vitreo applicato umido su metallo e fatto solidificare al forno), ricordiamo, aveva in Francia una lunga tradizione a partire da quella di Limoges del XII Secolo; nel proseguirla, Feuillâtre ebbe sicuramente un ruolo di primo piano e fu in grado di competere con i grandi dell’epoca, come il diretto rivale russo Fabergé.
Georges Fouquet (1858-1929), orafo e gioielliere fra i più famosi della belle-epoque parigina, è considerato spesso al pari del suo connazionale René Lalique, anche se, a differenza di quest’ultimo, adottò un’interpretazione più pura dell’Art Nouveau, anche grazie alla collaborazione con nomi storici di questa corrente. Particolarmente fortunato fu il suo sodalizio con Alphons Mucha, che lavorò in qualità di designer dei gioielli e degli interni dell’oreficeria in Rue Royale, a Parigi. Lavorò, inoltre, anche per conto della famosa Maison Cartier.
Legato a forme più libere che quelle (tendenzialmente) simmetriche di Lalique, Fouquet condivise con quest’ultimo la predilezione per gli smalti e un caratteristico schema compositivo con pendantif finale, che ritorna spesso.
Il bracciale a forma di serpente, realizzato per l’attrice Sarah Bernhardt ed in collaborazione con Mucha, è oggi indicato come una delle più raffinate e suggestive opere Art Nouveau che si ricordi.
Sempre in Francia, dominarono la coppia di orafi Henri e Paul della Maison Vever. Come i due orafi precedenti, i due fratelli predilessero la combinazione fra materiali preziosi e non, il gioiello realizzato ad intaglio, le forme naturali e simboliche, realizzando così piccole sculture Art Nouveau dalle gradevoli e sorprendenti qualità miniaturistiche.
Un oggetto caratterisitco della loro produzione fu la fibia per cintura smaltata, di cui ne esistono molte versioni: le decorazioni a forma di volti o piante che siamo abituati a vedere sulle facciate dei palazzi o ad allestire con stucchi i loro interni, compaiono in questi monili di bellezza e moda femminile, suggerendo, così, anche una evidente continuità dello stile “Nouveau” fra i generi.
In area belga, altro paese che come la Francia fu propulsore dell’Art Nouveau, notevole fu l’apporto di Philippe Wolvers (1858-1929) allo sviluppo delle arti intere nella direzione intrapresa da Horta e Van De Velde. Cresciuto nell’oreficeria paterna, si dedicò ad argenti, mobili, sculture e gioielli. Molti i punti in comune con Lalique in quest’ultimo ambito: dalla predilezione per le geometrie simmetriche ai temi ontomologici e di fiori, o femminili, fortemente connotati simbolicamente. Le figure furono, in un primo tempo, realizzate naturalisticamente ma, nell’ultima fase della carriera (dagli anni Venti), l’artista le rese in maniera più astratta, secondo le nuove tendenze.
Della sua collaborazione con Horta ricordiamo la progettazione che quest’ultimo eseguì della gioielleria a Bruxelles.