Nato in Libano nel 1883, in un’antica famiglia dalle origini cristiano-maronite, emigrato a Boston nel 1894 con la madre e morto a prematuramente a New York nel 1931, Kahlil Gibran è conosciuto in tutto il mondo come l’autore del “Profeta”, il cui successo, attraversando i decenni e influenzando generazioni di lettori, ha superato ogni record, ignorato frontiere, mode, credenze, ideologie e religioni.
Come descrivere il Poeta e l’opera in tutta la loro complessità?
Dall’adolescenza povera e ribelle ai primi componimenti in arabo, dall’arrivo negli Stati Uniti e dalle esperienze a Boston e a New York al ritorno in Libano, dai viaggi in Grecia, Spagna, Italia fino al soggiorno a Parigi. Il suo amore per la pittura, i complessi rapporti con le donne, la felice rielaborazione dei motivi spirituali dell’epoca, il successo, la consacrazione e poi il declino, la solitudine e l’alcolismo. La morte e il ritorno delle sue spoglie in Libano
Milioni di lettori lo confondono con il suo Profeta”, personaggio leggendario e figura romantica dalla saggezza a portata di tutti: la saggezza nascosta fra le risposte che un misterioso profeta, dà come dono, agli abitanti di un luogo lontano e senza tempo, prima di imbarcarsi per ritornare all’isola dove è nato.
A turno gli viene chiesto di parlare dell’amore, del matrimonio, dei figli, del lavoro, della gioia e del dolore, dei crimini e delle punizioni, della legge, della libertà, ma anche dell’amicizia, del tempo, del piacere, per citare alcuni argomenti, una raccolta di pensieri e riflessioni, formulati in forma poetica, sul mistero dell’uomo e dell’universo.
Anche chi crede di non aver mai sentito parlare di questo autore, o di non aver letto nulla di suo, non si preoccupi, di sicuro si è imbattuto in una citazione, un aforisma, che lo riguarda.
Tradotto in numerose lingue, negli Stati Uniti il successo di Gibran ha raggiunto livelli inimmaginabili: le vendite de “Il Profeta” sono seconde solo a quelle della Bibbia.
E se molti conservano il prezioso volume sul comodino, come a testimoniare l’importanza del contenuto, persino diversi presidenti degli U.S.A. sono stati “toccati” dalle parole dell’autore libanese: da Woodrow Wilson a John F. Kennedy, solo per fare due nomi.
Quale sorpresa è stata per me scoprire che nell’esortare gli americani - “Non chiedete che cosa può fare il vostro paese per voi, ma chiedetevi che cosa voi potete fare per il vostro paese” - stava citando proprio le parole che Gibran aveva diretto al popolo della Siria e del Libano mezzo secolo prima!
Mi sembra particolarmente significativo ricordare, in un periodo così denso di dolorosi interrogativi sul futuro della pace, proprio questo autore - un libanese che ha fatto degli Stati Uniti la sua seconda patria, dell’inglese la lingua in cui esprimersi e che dall’America è stato accolto come un suo stesso “figlio” .
Impressionato dalla tecnologia, da beni materiali, ma anche dalle enormi opportunità che questo paese gli offriva, in termini di libertà, democrazia ed uguaglianza, ha dimostrato come misticismo orientale e pragmatismo occidentale possano integrarsi, dando vita ad un insieme che rappresenti il meglio di due mondi apparentemente così distanti e di due anime apparentemente così diverse.