L’aggettivo che ricorre maggiormente nel descrivere Amélie Nothomb è
“eccentrica”.
Per via degli strani cappellini che ama portare – li trova carini – o del forte contrasto
provocato dal rossetto sul pallore del viso – un’abitudine che viene direttamente dal
Giappone, dove è nata e dove è molto apprezzato.
La lista di ciò che la renderebbe eccentrica potrebbe, in verità, continuare, ma poiché
si tratta di particolari che Amélie non considera affatto “eccentrici”, ci fermiamo qui,
lasciando al lettore il piacere o la curiosità di scoprirne altri.
Caso letterario in Francia, con Igiene dell’assassino, la Nothomb
afferma di avere un’altra trentina di manoscritti nel cassetto: che altro aspettarsi da
qualcuno che considera la scrittura la più grande necessità, la più grande gioia e la
più grande passione della sua vita?!
Scrive da quando aveva diciassette anni, dopo essersi trasferita a Bruxelles dal
Giappone, mantenendo una media di un romanzo all’anno, pubblicato fra la fine di
agosto e i primi di settembre, e raggiungendo, ogni volta, traguardi considerevoli, sia
per il numero di copie vendute, sia per i premi letterari che si è aggiudicata.
Quale rapporto ha con il successo e con tutto ciò che esso comporta?
“Il successo può essere tanto piacevole, quanto angosciante.
Lo affronto, sforzandomi di non pensarci. E’ anche divertimento e responsabilità, ma di
responsabilità si può parlare solo nel senso che parecchie persone mi hanno detto di
aver cominciato o ricominciato a leggere, non solo Amélie Nothomb quindi, grazie ai
miei romanzi. Questo è il più grande complimento che mi si possa fare”.
Accanto a romanzi dal carattere autobiografico al 100%, come Stupori e
tremori o Metafisica dei tubi, ce ne sono altri che di
autobiografico non hanno nulla.
In tutti, però, troviamo, più o meno evidente, una vena umoristica che può, come nel
caso di quest’ultimo romanzo, diventare “black humour”.
Qualcuno ha affermato che i suoi romanzi si leggono perché fanno ridere. Anche
quando affronta temi “seri”, i suoi libri rasentano la farsa: far ridere è uno dei motivi per
cui scrive?
“Far ridere non è un mio obiettivo. Cerco di spiegare la mia
visione del mondo: spesso noto che le mie spiegazioni fanno ridere. Non capisco
sempre il perché, ma non è grave.”
Il tema della colpevolezza, che ricorre, come il rapporto con il cibo o con l’oggetto di un
amore che diventa spessp patologico, in molti dei romanzi della Nothomb, diventa
centrale in questo Cosmetica del nemico, una lunga conversazione
scambiata fra due uomini nella sala d’aspetto di un aeroporto: la vittima e il suo
nemico.
Nel momento in cui scopriamo che si tratta, in realtà, di una sola persona, capiamo
anche che il nemico è la parte più cattiva di un individuo che ha messo a tacere la
propria coscienza per anni.
Crede che ciascuno abbia un “nemico” in sé, un mostro che rappresenta la parte più
profonda della propria natura?
“Non so se tutti, come me abbiano “un nemico in se stessi”,
ma so che siamo in tanti ad averne uno.
Non penso che questo nemico sia la parte più profonda, ma è un polo dominante, non
il solo, ma uno dei più importanti”.
La condanna raggiunge il colpevole, vittima predestinata, come una malattia,
facendogli pagare i suoi crimini, quelli realmente commessi, come quelli solamente
immaginati.
E’ la giustizia della nostra coscienza quella in cui crede maggiormente?
“E’ la sola giustizia che mi importa: quella che impedisce di
dormire la notte.
La colpevolezza è una convinzione molto strana: quelli che ne vengono assaliti, non
sono spesso i colpevoli”.
Amélie ha presentato il suo nuovo libro a Milano il 25 e a Roma il 26 febbraio, viaggia
molto.
Le piace l’Italia?
“Sono innamorata pazza dell’Italia”.
Lei sta raggiungendo una grande notorietà anche qui, ma supponiamo che ci siano ancora alcuni lettori italiani che ancora non la conoscono:
potrebbe presentarsi in poche parole?
“Sono sicura che ci sono in Italia parecchie persone che non
mi conoscono: bisognerebbe suggerire loro di continuare a non conoscermi, poiché
conoscermi è costernante“.
Se non è eccentricità, questa
Torna all’introduzione