
L’idea del benessere deve essere proiettata nel tempo
e non deve essere solo il fatto di un momento,
è spesso è la valutazione dei se e dei ma….. che ci blocca.
Forse è questo che ci frega,
ci blocchiamo e ci accontentiamo di un piacere fuggevole,
ma il vero piacere è un altra cosa
ed a volte occorrono sacrifici per ottenerlo,
anche nel senso di cambiare qualcosa di noi,
di quel noi che non ci fa avere niente di più
di quello che abbiamo sempre ottenuto.
Facciamo un esempio….
Io sono obesa e non mi piaccio come sono
ma, nel contempo, amo o penso di amare il cibo oltre ogni limite
oppure non riesco ad avere il controllo su di esso.
Con tale concettualità mi sono costruita un problema,
che mi blocca come una ragnatela
e dal quale è apparentemente impossibile uscire,
perché se mangio molto ingrasso molto
e non mi sopporto così,
ingrassando
non mi trattengo più e continuo a mangiare
e più mangio e più ingrasso
e grassa non mi sopporto,
mangiando mi sento in colpa perché ho mangiato,
e sentendomi in colpa
continuo a mangiare per punirmi della mia colpa,
non sopportandomi non mi amo,
non amandomi continuo a mangiare,
in un gioco senza fine,
che più che un gioco, diventa una tragedia,
apparentemente senza via di uscita.
Erickson non avrebbe affrontato il problema in termini di schemi e di prescrizione valevole per ogni situazione,
perché la terapia si basava su quella persona che aveva quel problema
e non sul problema di per se,
in una valutazione energetica della vita di quella persona,
che prescindeva da altre.
In un caso con una donna che aveva il problema della obesità,
Erickson consigliò di partire di casa
e di iniziare un lungo viaggio di 1 anno attraverso gli Stati Uniti assieme alla famiglia.
La signora in questione amava molto cucinare e era un ottima cuoca e
a lei piaceva mangiare di quello che cucinava.
Nel lungo viaggio lungo l’America avrebbe dovuto accontentarsi del cibo preparato da altri che logicamente non poteva essere alla altezza di quello che preparava lei
Così in quell’anno lei ridusse notevolmente l’apporto alimentare e ottenne una diminuzione di peso.
Ora, in termini organizzativi, tale suggerimento implica notevoli difficoltà e rimane poi sempre da valutare cosa sarebbe successo
al suo ritorno a casa.
Nel trattamento della obesità non basta la sola dieta,
se non cambia anche il concetto di sé
e una valutazione del proprio benessere proiettato nel tempo.
E’ osservazione comune che, spesso,
quando una persona si sottopone ad una dieta,
perde 20 kg in due mesi ma poi ne riacquista 30
(quindi 10 in più) nei successivi sei mesi,
perché tolta l’imposizione e l’entusiasmo iniziale
non muta il suo rapporto col cibo nel tempo
e il rebound, la risposta a distanza,
è direttamente proporzionale
alle privazioni a cui si è sottoposta all’inizio della dieta.
Io vorrei provare a dare un indirizzo,
che non vuole essere uno schema,
ma una semplice proposta comportamentale
e spingere ad alcune riflessioni.
Cercando di fare qualcosa dal di dentro
oltre quello che gli altri, che ci aiutano,
fanno dal di fuori (endocrinologi, dietologi, fisioterapisti, igienisti, educatori alimentari ecc ecc)
Io donna obesa
potrei provare a fare questo…
Potrei mettermi davanti al grande specchio della camera
con tre rossetti,
col colore rosa
potrei disegnare il contorno del mio corpo come è ora in questo momento
(che è quello che non mi piace)
(potrei sostituire al colore rosa un altro colore che io non amo particolarmente, per aumentare l’effetto simbolico)
col colore blu
disegnare il contorno del mio corpo che vorrei avere e al quale aspiro
per indossare di nuovo quel vecchio abito in cui mi sentivo a mio agio o
quel nuovo che ho visto in vetrina e che ho guardato con desiderio
(questo può rappresentare il passato che amo o il futuro desiderato)
potrei disegnare
in rosso
i contorni del mio corpo che raggiungerò
continuando a mangiare in modo smodato senza limiti
( qui il colore dovrebbe anche visivamente rappresentare quello per me più odiato relativo a quella data immagine di me)
(è il futuro che non vorrei mai vivere e dal quale tenermi lontana)
Tale disegno sullo specchio dovrebbe rimanere impresso
in modo indelebile
in modo da farmi ricordare ogni giorno
il “lavoro” a cui dovrò sottopormi.
Già uso il termine lavoro e non a sproposito,
perché all’inizio sarà duro
ma poi quando scoprirò che mi sento meglio
e che sono in armonia con me stessa
allora sarà un piacevole lavoro
e poi un piacere soltanto
ed un grande amore e rispetto per me stessa.
Il disegno sullo specchio
dovrà essere un disegno impresso nella mia mente
e dovrà essere sempre presente nei miei gesti quotidiani e
quando affronterò le mie abitudini di vita.
D’accordo, nessuno e nessuna di noi è perfetta e
se per un giorno non ci riuscirò pazienza,
ci riuscirò il giorno dopo.
Tutti cadiamo da bambini,
quando incominciamo a camminare,
ma non per questo ci rinunciamo.
E se cadiamo,
non dobbiamo darci martellate sulle ginocchia,
ma imparare a migliorare e correggere la nostra posizione in piedi
o a guardare dove appoggiamo i nostri piedi.
ci consentiranno di fare meglio le cose che faremo dopo,
noi non siamo mai un errore,
non siamo errore,
ma….meravigliose potenzialità nascoste.
Bene.
Ora vediamo come dare un senso concreto a tutto questo
e a farlo diventare una utilità per noi.
Ogni volta che mangeremo,
ogni volta che valuteremo quel cibo davanti a noi,
ogni volta che valuteremo il piacere momentaneo di quel cibo,
dovremmo avere sempre davanti a noi
il disegno tracciato sullo specchio della nostra camera.
Quasi lo specchio della regina,
nella storia di Biancaneve:
Lo specchio dei nostri desideri.
Se mangerò quel particolare cibo
o l’eccesso di un cibo anche se consentito
io devo sapere che andrò inevitabilmente su quella linea rossa
Il piacere di quel momento
mi darà una sofferenza profonda
un non piacere definitivo.
Quindi,
quel cibo avvicinato alla bocca
è solo apparentemente un piacere
perché in realtà è un non piacere
perché mi farà diventare come io non voglio diventare.
Se riesco a fare questo come mi sentirò con me stessa?
Fin dal primo giorno mi sentirò bene con me stessa,
e comincerò già ad amarmi, una goccia in più del giorno prima,
e goccia dopo goccia
nel tempo
diventerò mare.
Ogni giorno che verrà
sarà il susseguirsi degli altri giorni che si sono preceduti.
Ogni giorno
sarà una conquista in più,
un susseguirsi di dimostrazioni
che mi sono data a me stessa,
perché mi sto volendo bene
e mi voglio bene
nei gesti quotidiani che compio.
Il concetto di me
nasce dai risultati che ottengo
e non da un marchio che ricevo
Il marchio
spesso ce lo mettiamo da soli
o ce lo facciamo mettere da altri.
Lo specchio dei desideri
può essere
l’inizio della soluzione.
Tale concettualità
espressa sulla obesità,
la potremmo, al suo contrario,
esprimere per la magrezza,
in cui il corpo dimagrisce fino al limite della sopravvivenza
come nella anoressia,
anche in quel caso il mio bene,
il mio piacere,
deve essere inteso come il bene definitivo,
il piacere definitivo
che continua nel tempo
e che si evolve nel tempo
e non inteso nel piacere di un momento,
di un istante,
che mi porta ad una situazione limite,
di una non accettazione di me
e di un conflitto con me stessa.
Riproduzione riservata Gilberto Gamberini
foto riprodotte a fini didattici educativi