
Libero Strazzari, era un uomo semplice, il suo nome rispecchiava il suo modo di essere: libero.
Abitava a Budrio in provincia di Bologna, faceva l’imbianchino di giorno, ma di notte studiava, leggeva e con la lettura si sentiva ancora più libero, perché spaziava in altri luoghi ed in altre realtà.
Leggeva Bakunin, Marx, Lenin, Gramsci, Curiel, la storia della Unione sovietica, e le teorie della evoluzione di Darwin.
Era il suo mondo.
Ed io di notte lo spiavo a leggere e a fumare, con la finestra aperta ai rumori e ai suoni della notte.
Si accorgeva di me e mi invitava a sedermi accanto a lui e mi raccontava tutte quelle storie come fossero delle fiabe.
Mi raccontava della sofferenza umana e del suo riscatto, delle speranze dell’uomo in un mondo nuovo e diverso.
E poi con la sua voce da baritono cantava le arie del barbiere di Siviglia ed io bambino ero affascinato e avrei voluto imitarlo.
Libero era un pacificatore: veniva chiamato in tutte le questioni famigliari e del paese perché lui aveva sempre la parola giusta per tutti e trovava sempre una soluzione che accomodava i dissidi.
Come soleva ripetere la pace bisogna amarla e sentirla dentro per poterla trasmettere fuori.
Il primo maggio metteva all’occhiello il garofano rosso e scendeva in piazza: era quella la sua festa.
Gilberto Gamberini riproduzione riservata