Tratto da “Orlando furioso”
ediz. a cura di Emilio Bigi, Milano, Rusconi 1982
canto VIII pag.356-359
Prima edizione: 1521
Sognatore : Orlando
Sogno di Orlando
79
Già in ogni parte gli animanti lassi
davan riposo ai travagliati spirti,
chi su le piume, e chi sui duri sassi,
e chi su l’erbe, e chi su faggi o mirti:
tu le palpebre, Orlando, a pena abbassi,
punto da’ tuoi pensieri acuti et irti;
né quel sì breve e fuggitivo sonno
godere in pace anco lasciar ti ponno.
80
Parea ad Orlando, s’una verde riva
d’odoriferi fior tutta dipinta,
mirare il bello avorio, e la nativa
purpura ch’avea Amor di sua man tinta,
e le due chiare stelle onde nutriva
ne le reti d’Amor l’anima avinta:
io parlo de’ begli occhi e del bel volto,
che gli hanno il cor di mezzo il petto tolto.
81
Sentia il maggior piacer, la maggior festa
che sentir possa alcun felice amante;
ma ecco intanto uscire una tempesta
che struggea i fiori, et abbattea le piante:
non se ne suol veder simile a questa,
quando giostra aquilone, austro e levante.
Parea che per trovar qualche coperto
andasse errando invan per un deserto.
82
Intanto l’infelice (e non sa come)
perde la donna sua per l’aer fosco;
onde di qua e di là del suo bel nome
fa risonare ogni campagna e bosco.
E mentre dice indarno: - Misero me
chi ha cangiata mia dolcezza in tosco? -
ode la donna sua che gli domanda,
piangendo, aiuto, e se gli raccomanda.
83
Onde par ch’esca il grido, va veloce,
e quinci e quindi s’affatica assai.
Oh quanto è il suo dolore aspro et atroce,
che non può rivedere i dolci rai!
Ecco ch’altronde ode da un’altra voce:
-Non sperar più gioirne in terra mai.-
A questo orribil grido risvegliossi,
e tutto pien di lacrime trovossì.
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