Regia: Robert Altman
Titolo: Quintet
Protagonisti: Paul Newman, Vittorio Gassman, Bibi andersson, Fernando Rey, Brigitte Fossey
Anno: 1978
Genere: Fantascienza
Durata: 119′
Produzione: USA
In un mondo futuro coperto dal ghiaccio, un cacciatore di foche (P. Newman) viene coinvolto suo malgrado nelle uccisioni a catena regolate dal gioco del Quintet. Complicata allegoria ispirata a “La lotteria di Babele” di Borges, fredda e cerebrale ma non priva di suggestione, dove elementi futuribili si mescolano ai costumi cinquecenteschi. ( Merenghetti )
2001: gran parte della terra è coperta dal ghiaccio. In una città fatiscente gli ultimi superstiti si cimentano in un gioco mortale. Il vincitore ha diritto di vita e di morte sugli altri e il suo premio è quello di poter continuare a giocare. Appartiene al filone occulto e fantastico di Altman e può offrire molte delizie a chi sappia guardarlo e accoglierlo senza troppe preoccupazioni di decifrazione. (Morandini)
Un critico americano, Frank Rich su “Time”, l’ha ribattezzato «2001 a Marienbad», alcuni l’hanno paragonato a Rollerball e ad altri saggi di fantascienza iettatoria: girato a Montréal fra i ghiacci dei padiglioni abbandonati che ospitarono l’Expo 1967, Quintet è il quadro di una società futura agonizzante per assideramento e strutturata sulle pegole di un gioco mortale. La primitiva idea di Altman, quella di fare un thriller alla Graham Greene ma «con un po’ di Kafka e di Camus» nel sottomondo gangsteristico di Chicago, ha preso sullo schermo una svolta intellettualistica che convince poco. Proprio allontanandosi dalla realtà sociologica del suo Paese l’autore di Nashville si rivela filosofo e profeta di corto respiro. È vero che in questo suo mondo futuro senza speranza si riconosce la mano di un cineasta abile e sicuro, mentre il buio e il freddo si sommano in un amalgama angoscioso. Tuttavia la trovata di evocare nei costumi un Rinascimento paradossale e cencioso produce risultati abbastanza goffi; e poca emozione suscita il macabro incalzare di un gioco del quale è difficile per lo spettatore capire le regole. Straniti e assiderati, gli attori di un cast internazionale fanno del loro meglio per adeguarsi alla chiave registica: ma scadono nella monotonia, quando lasciano intravedere guizzi di comicità involontaria. Nell’opera di Altman, che emerge dal panorama USA degli anni 70 con caratteri molto originali, Quintet è un episodio infelice.
(Tullio Kezich)
Marni-commento: Il film è affascinante nonostante le legittime obiezioni mosse dai critici, le indecifrabile sequenze di gioco e la banalità scontata del finale. Un flop per la regia e la storia, ma alcune scene sono di grande suggestione e valgono tutto il film. Il corpo senza vita di Vivia abbandonato alle acque ghiacciate, la burbera tenerezza di Newman nei confronti della giovane donna incinta, unica promessa di speranza e di vita in un mondo in cui non nascono più bambini. Il centro ricerche con i pannelli mobili trasparenti, fra riflessi, movimenti e inquietudini (non si capisce mai bene cosa siano e come funzionino) e il sogno di Ambrosia. Una breve scena, un ricordo da bambina, il passato e la vita “normale” che irrompono dal sogno e dilagano negli occhi e nella voce, facendo emergere un dolore non espresso, ma tangibile per tutte le cose perdute. L’unica emozione espressa, la vera chicca del film. Ed i paesaggi sconfinati, il ghiaccio, il freddo, il silenzio, la solitudine. Impressionante, lucido, senza speranza.
Marzia Mazzavillani © Opera protetta da licenza C.C.
Condizioni d’ uso del materiale pubblicato nella guida
- Se vuoi saperne sempre di più sui sogni iscriviti gratuitamente alla NEWSLETTER della Guida
- VOTA IL NUOVO SONDAGGIO:Nei miei sogni sento più spesso….
Gallery: Locandine del film Quintet
Vedi tutte le altre Gallery della Guida Sogni